Keily 2 - Appuntamento con il bullo - Copertina

Keily 2 - Appuntamento con il bullo

Manjari

Capitolo 2

James aveva in mente qualcosa...

Mi condusse nella sua enorme villa. L'eccitazione mi formicolava nelle vene. Una volta dentro, chiuse la porta e mi chiese di chiudere gli occhi.

Lo accontentai.

Cosa stava facendo?

"È così silenzioso", sottolineai. Il mio cuore batteva decisamente più forte. "I tuoi genitori sono in casa?"

"No", disse, ma non diede ulteriori spiegazioni.

Mi prese per mano e mi condusse con cautela all'interno della sua abitazione. Un senso di anticipazione si fece strada dentro di me. Camminammo finché James non mi fermò. Non avevo idea di dove fossimo. Era una villa enorme.

"Resta qui", disse.

Annuii. Il cuore mi batteva così forte da sentirlo in gola. Quindi rimasi lì, avvolta nell'oscurità, ad ascoltare il suono sommesso di James che si muoveva. C'era un leggero fruscio di tessuti. Poi un impercettibile tintinnio di piatti. Ogni suono accresceva la mia curiosità e il mio senso d'attesa.

Infine udii il rumore dei fiammiferi e...

"Apri gli occhi", mi comandò.

Quando obbedii, il mio sguardo cadde su uno spettacolo che mi lasciò senza fiato. Davanti a me c'era un tavolo per due persone splendidamente apparecchiato, ornato da candele tremolanti che gettavano intorno una luce calda e romantica. Non potei fare a meno di provare un senso di stupore.

James aveva preparato una cena a lume di candela.

"James..." Mormorai portandomi le mani alla bocca.

Lui sorrise. Era chiaramente soddisfatto della mia reazione. Poi mi fece cenno di sedermi e io lo feci. Mi spinse la sedia leggermente in avanti, in modo che fossi più vicina al tavolo, e disse: "ho bisogno di un momento per riscaldare la nostra cena. L'ho cucinata prima che andassimo alla festa di Natale".

"Hai cucinato per noi?" Sapevo che era un buon cuoco, me l'aveva già detto in passato, ma trovai sorprendente il fatto che avesse cucinato per me. Questo gesto d'amore mi toccò il cuore.

"Sì", rispose sorridendo.

Poi scomparve in cucina. Sentivo il leggero sfrigolio di qualcosa che veniva riscaldato, mentre un odore allettante si diffondeva nell'aria. Mi venne l'acquolina in bocca per l'attesa.

Cosa aveva preparato? Hamburger? Pizza?

Infine uscì dalla cucina e mi venne incontro con due piatti fumanti. Aveva cucinato degli spaghetti e delle polpette alla salsa rossa. Il mio cuore si gonfiò di gratitudine e di affetto: era chiaro che avesse preparato quella serata con molta accuratezza, e non potevo fare a meno di sentirmi incredibilmente toccata dal suo gesto.

"Non ho parole", dissi, sentendo le lacrime riempirmi gli occhi.

"Allora non dire nulla", ribatté, mettendomi il piatto davanti. "Goditi il cibo e basta".

Avrebbe potuto sedersi di fronte a me, invece scelse la sedia accanto alla mia. La avvicinò così tanto che la mia gamba sfiorò la sua.

Non avrei potuto immaginare un modo migliore di trascorrere la serata.

Mentre James faceva roteare la forchetta intorno agli spaghetti, un luccichio divertito gli balenava negli occhi, poi, invece di portarsi la forchetta alle labbra, la offrì a me. Accettai, permettendogli d'imboccarmi: i sapori mi esplosero sulla lingua e sul palato.

GNAM!

Ma mentre cercavo di divorare con grazia gli spaghetti, mi resi subito conto che l'eleganza era una causa persa: un filo di pasta mi sfuggì dalle labbra, atterrandomi senza tanti complimenti sul mento, mentre il sugo rosso mi colava sul petto. Le guance mi si arrossarono per l'imbarazzo e mi affrettai a trangugiare lo spaghetto e a prendere un tovagliolo per ripulire il pasticcio.

"È delizioso", riuscii a dire, cercando di recuperare una parvenza di compostezza.

"Tu sei deliziosa", mi rispose James con un sorriso malizioso. Le sue parole mi fecero correre un brivido lungo la schiena. Prima che potessi reagire, si chinò in avanti e mi piantò una scia di baci lungo il collo, ogni suo tocco mi accendeva un fuoco dentro.

Le mie cosce si strinsero involontariamente mentre il calore mi si diffondeva tra le gambe e il respiro mi si bloccava in gola. Quando raggiunse la scollatura dove si era rovesciata la salsa rossa, la leccò con un movimento lento e deliberato, facendo scorrere in me un'ondata di desiderio.

Infine tornò a sedersi in posizione eretta, con un atteggiamento disinvolto, come se non mi avesse appena portata sull'orlo di una lussuria incontrollabile. Cercai di ricompormi: l'aria crepitava di tensione tra noi, continuavo a sentire il suo tocco sulla pelle, simile a un dolce tormento.

Mentre assaporavamo ogni boccone di quel delizioso pasto, non riuscivo a liberarmi della sensazione di felicità e di appagamento che mi riempiva il cuore.

Il tavolo era così grande, c'era spazio per molte più persone, per un'intera famiglia, eppure eravamo seduti noi due soli.

"Di solito trascorri il Natale con i tuoi?" Chiesi.

L'espressione di James cambiò per un attimo prima di rispondere: "non proprio. Il Natale non è una cosa importante per noi".

Non potei fare a meno di percepire un pizzico di tristezza nella sua voce, un fugace scorcio di solitudine, che mi toccò le corde del cuore.

"Deve essere strano", mormorai dolcemente, cercando il suo sguardo con il mio.

James alzò le spalle con nonchalance. Un sorriso forzato gli si dipinse sulle labbra. Capii che era forzato perché lo conoscevo bene: sapevo che di solito il sorriso gli raggiungeva gli occhi, non questa volta però.

"È sempre stato così", disse, come se volesse chiudere il discorso.

"Ti va di parlarne?" Chiesi.

"Non c'è nulla di cui parlare", rispose.

Sembrava che non fosse pronto ad aprirsi sui suoi Natali solitari, e pensai di non insistere. Una parte di me avrebbe voluto che si confidasse di più con me, ma sapevo anche che era importante rispettare i suoi limiti e non spingerlo a discutere di qualcosa di cui non volesse parlare. Quindi decisi di cambiare discorso.

"Allora... quali sono i tuoi progetti dopo il liceo?" Chiesi.

Non era un argomento che avessimo già trattato in precedenza. Ma siccome negli ultimi tempi stavo ragionando sempre più spesso sul mio futuro, mi chiedevo se fosse così anche per James.

"Non ci ho ancora pensato", disse James, roteando la forchetta negli spaghetti. "So che mio padre vuole che mi dedichi al football, ma per fortuna ultimamente è stato troppo impegnato con il lavoro per spingermi a farlo".

Smisi di masticare perché non mi piaceva quello che avevo appena sentito. Qualunque cosa volesse fare James, doveva essere lui a scegliere di farlo. Non doveva essere "spinto" da altri. Però decisi di non dire nulla. Continuai invece a mangiare i suoi deliziosi spaghetti.

Lui si portò la forchetta alla bocca e continuò a sua volta a masticare. "E tu? Sono sicuro che la piccola Miss Genio qui ha già deciso tutto".

Sentii le guance scaldarsi al suono delle sue parole. Infilzai la polpetta con la forchetta, rendendomi conto troppo tardi di quanto non fosse elegante.

"Non sono un genio", obiettai. "Ma dopo il diploma voglio frequentare il MIT".

"E poi dice di non essere un genio", disse James, sollevando drammaticamente gli occhi al cielo. "Ti troverai bene al MIT. Avrei dovuto sapere che avresti studiato qualcosa di tecnologico, perché hai una passione per il coding e la programmazione".

Mi conosceva così bene… I suoi occhi si illuminavano di ammirazione mentre mi guardava. Non potevo fare a meno di provare un'ondata di eccitazione al pensiero di perseguire i miei obiettivi. Mi piaceva il modo in cui mi guardava in quel momento: era come se credesse davvero in me.

Mi dava una grande fiducia.

"Hai già deciso tutto", concluse James. Ma percepii una nota di tristezza, o forse di gelosia, nella sua voce. Forse non si sentiva a suo agio per l'incertezza del suo futuro.

"Scoprirai anche tu quello che vuoi fare", gli dissi con sicurezza.

Nonostante la mancanza di progetti concreti, non avevo dubbi che avrebbe trovato la sua strada. Era intelligente, talentuoso e pieno di potenziale, e sapevo che sarebbe riuscito a eccellere indipendentemente dalla strada che avrebbe scelto di percorrere.

Finimmo di mangiare e non potei fare a meno di sentirmi grata per momenti come quello: momenti di condivisione di sogni e aspirazioni, momenti che mi ricordavano che avevamo un futuro radioso davanti a noi.

"Posso aiutarti a lavare i piatti?" Chiesi, alzandomi.

"Non preoccuparti, la donna di servizio li pulirà domattina", rispose.

Sarei potuta restare lì con lui fino alla mattina successiva perché Addison aveva detto ai miei genitori che saremmo rimaste a dormire a casa di un'amica. Non avevo fretta di andarmene, e mi ritrovai ad assaporare l'opportunità di passare più tempo con James.

Prima che potessi reagire, lui mi sollevò tra le sue braccia e le mie gambe gli si avvolsero istintivamente intorno alla vita. In quel momento l'assenza di peso sostituì l'autoconsapevolezza che avevo provato prima, e fui pervasa da un senso di euforia.

Un sorriso malizioso gli si allargò sul volto mentre mi portava su per le scale. Il suo tocco accese un fuoco dentro di me. Quando mi adagiò delicatamente sul suo letto, mi rifiutai di lasciarlo andare. Continuavo a tenere le gambe avvolte intorno a lui, come se lo stessi pregando di rimanermi vicino.

Il suo bacio era appassionato. Le sue mani vagavano avide sul mio corpo, tirando i miei vestiti con una fame che rispecchiava la mia: nella foga del momento, mi persi nell'inebriante sensazione del suo tocco, mentre il mondo intorno a noi svaniva nell'oscurità.

Quando i nostri corpi si schiacciarono in un abbraccio appassionato, non potei fare a meno di sentirmi invadere dalla beatitudine: non avrei mai voluto che quella pausa invernale finisse, non con James al mio fianco.

Volevo che tutto rimanesse perfetto in quella maniera per sempre.

Ma, ovviamente, non fu così.

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